Un Fiore antichissimo…
La cultura del violaceo fiore di Croco – Crocus Sativus, pianta della famiglia delle iridacee – già menzionata in un papiro egiziano del 1550 a.C. – è conosciuta fin dai tempi più remoti; Virgilio, Plinio e altri cronisti della classicità, la citano spesso nelle loro opere e Ovidio, il poeta latino di Sulmona [43 a.C.] nelle Metamorfosi la menziona addirittura alle origini delle Favole, quando parla dell’amore di Croco e Smilace che vennero entrambi trasformati, da Nubi, nel fiore che dal primo prese il nome.
Citato da Omero Nell’Iliade, lo Zafferano serviva da giaciglio a Zeus, mentre gli antichi scrittori narrano che i Romani lo scioglievano nel vino per spruzzarlo nei teatri, sui roghi, nei talami e nei capelli. Si narra anche che gli stessi Romani ne utilizzassero i fiori per coprire le strade al passaggio dei principi e degli imperatori e la leggenda vuole che Isocrate, prima di coricarsi, solesse profumare con lo Zafferano i guanciali del suo letto.
Grande è il disaccordo tra i vari scrittori che si sono interessati alla sua origine: ma è ormai accertato che lo Zafferano è arrivato a noi dall’Asia Minore dove si coltivava estesamente in Cilicia, Barbaria, e Stria. Scano, infatti, scrive che i Sidoni e gli Stiri se ne servivano per colorare di giallo i veli destinati alle spose e che i sacerdoti e i sacrificatori erano soliti cingersi il capo con i fiori di Zafferano durante i riti propiziatori e nelle cerimonie religiose.
Dall’Asia la coltura del Croco si estese alla Tunisia, alla Grecia e a quasi tutta l’Africa settentrionale, dove diede vita ad un largo commercio di esportazione.